Radio X
#lingu@ggi
Tra il mondo del fare, l’opificio per eccellenza, e il mondo del dire, tra questi estremi, c’è (e non può non esserci) come interfaccia e strumento di raccordo proprio la narrazione. Ovvero la capacità di inserire il pensiero e l’azione, il dire e il fare, entro una trama comune che consenta agli interpreti dell’una e dell’altra vocazione di riconoscersi a vicenda come appartenenti allo stesso orizzonte civico.
La mancanza di questa trama comune tra il mondo delle professioni, più in generale del lavoro, e quello delle narrazioni è una delle cause tutt’altro che remote e occasionali delle rovine e del clima di decadenza in cui viviamo ormai da molti anni.
Il sogno di costruire qualcosa che guardi al cielo, ovvero che superi i limiti dello spazio e del tempo in cui siamo costretti, dipende dall’esistenza di un linguaggio comune, di una narrazione condivisa. Ogni volta che l’opificio, il mondo del fare, si dimentica
di essere interprete di una delle nostre numerose narrazioni collettive, si dimentica anche che il suo orizzonte non è l’edificio che sta progettando, ma l’uomo che lo abita, l’unica creatura narrante del creato. Ecco perché il progetto è anche narrazione e l’urgenza di trovare una trama comune vale per noi come per tutti.
La sfida dei progettisti oggi è ricordarsi di essere narratori a loro volta. Solo così questo smetterà di essere e comportarsi come un paese privo di trama.